Piero Armenti
Vi dico subito che è un argomento su cui si può aprire un dibattito, e già solo il fatto che ci poniamo lo domanda ci fa capire che siamo dinanzi ad una crisi in cui il mondo vecchio lentamente muore, e il nuovo mondo avanza. Io la penso così: un ristoratore può sicuramente sentirsi lusingato da un articolo del New York Times, ma il ristorante te lo riempie un Tik Tok virale.
Questo è ciò che ho visto con i miei occhi. Aggiungo anche un’altra cosa: un Tik Tok virale può attivare una serie di reazioni a catena, tra cui il moltiplicarsi di altri video virali, fino a catturare l’interesse dei media tradizionali. Difficile invece l’inverso, che un articolo del New York Times possa spingere e attivare l’effetto a cascata sui social.
Chiaramente non dobbiamo ragionare per estremi, perché mass media e social media alla fine tendono comunque entrambi ad esaltare ciò che è degno di nota, e probabilmente hanno un impatto importante su pubblici diversi: più giovane quello dei social e un pubblico più maturo e cerebrale quello che legge il giornale. Ma se dovessimo ragionare in termini di egemonia gramsciana, direi che l’egemonia oramai è dei social. Sono i giornali che devono rincorrerli, adeguarsi, dialogare con il mondo social, che invece può permettersi il lusso di fregarsene di ciò che dicono i giornali.
Che fine fanno i critici culinari esperti? Perde la forza del loro impatto sulla società, magari sostituiti da un esercito di ventenni inesperti che ha un seguito pazzesco sui social. Certo, volendo controargomentare a favore del New York Times potremmo dire che l’impatto dei social è più volubile e fragile- oggi esaltano te, dopodomani un altro- mentre il parere di un esperto tende ad avere un impatto più solido e duraturo, ma è solo una maniera per cercare il pelo nell’uovo e nascondere la testa nella sabbia
. La verità è che il mondo della “formazione del consenso” è cambiato, gli esperti culinari di Tv, giornali e guide sono stati surclassati dall’emersione democratica di un popolo di inesperti, giovani, incompetenti nel senso dirompente e positivo della parola (cioè aperti alla meraviglia senza puzza sotto al naso), il cui parere però conta e fa tendenza. È tipo la rivoluzione francese: all’elite si sostituisce il popolo. E con questa rivoluzione bisogna fare i conti.
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