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Sono un uomo bianco, caucasico, eterosessuale. Chiedo perdono.

politica Apr 10, 2021

Piero Armenti, [email protected] 

Sono un uomo bianco, caucasico, eterosessuale, benestante con i documenti in regola, normodotato, istruito, tendenzialmente in salute. In base alla sensibilità vigente sono l’ultimo a poter opinare su qualsiasi tema.

Troppo privilegio concentrato in una persona sola, impossibile  io possa capire la sofferenza altrui. La sofferenza di una donna in un mondo maschile, di un gay in un mondo eterosessuale, le difficoltà di un disabile, di chi non ha il permesso di soggiorno, di un afroamericano o di un nativo americano, o di chi non riesce a mettere un piatto a tavola.

Ho avuto già troppi millenni che hanno giocato a mio favore, dentro una tradizione di dominio bianca e maschile. Ora è il momento di farmi da parte, e lasciare lo spazio agli esclusi di sempre. La prima regola è non fare mai battute di nessun genere, o affermazioni stereotipate, perché avrei il dito puntato contro subito. Contro di me si può dire ogni nefandezza perché sono il carnefice, ma non posso replicare perché sono privilegiato. La miglior cosa da fare in genere è stare zitto, al massimo sorridere, o esprimere parole di empatia. Occhio e croce se qualcuno che si riconosce nelle minoranze sopra citate si lamenta, devo sempre dargli ragione a prescindere, perché non ho altra scelta: qualora argomentassi in maniera contraria, mi verrebbero subito ricordati i miei privilegi, e cioè che sono bianco, caucasico, eterosessuale e quindi devo stare zitto.

Poco conta se il benessere me lo sono costruito, perché in quanto bianco, caucasico e istruito ho avuto tutti gli strumenti per farlo, e devo pensare alla tanta povera gente che non li ha: alla donna che non farà carriera in quanto donna, all’afroamericano ai margini della società, ai latinos senza documenti, a chi nasce nella miseria e non ha avuto un’istruzione.  Ho solo una via d’uscita per redimermi, e per provare ad essere in linea con lo spirito dei tempi: riconoscere il mio privilegio, e parlare sempre, ad alta voce, a favore delle categorie svantaggiate, oltre a mostrare un senso di colpa perenne per la mia condizione di favore. Devo partecipare ai movimenti di protesta, mettere gli hashtag giusti, e lottare in maniera attiva per una società “diverse”, dove appunto non c’è più il dominio dell’uomo bianco eterosessuale e normodotato.

La mia partecipazione però dovrà essere sempre marginale, non devo rubare la scena, perché il punto è proprio questo: devo scendere dal palcoscenico della Storia e fare entrare gli altri. Devo convincermi che la meritocrazia non esiste, che non mi sono meritato un bel niente, perché sono partito da una condizione di favore, quindi tutto quello che ho ottenuto è figlio di un’ingiustizia secolare. Alla meritocrazia si sostituirà il criterio della diversità: non si sceglieranno i più bravi, ma la giusta quantità di minoranze.

Seguendo queste regole non verrò perdonato definitivamente per i miei privilegi, ma sarò lasciato in pace, e forse anche applaudito. Per me è meglio così: la minaccia al mio status è relativa, mi si chiede solo di fare spazio agli altri nella società del benessere. È una lotta che in fondo mi gratifica. Non vogliono liberarsi di me, vogliono essere come me:  vorrebbero essere un bianco, caucasico, eterosessuale, benestante con i documenti in regola, normodotato, istruito, tendenzialmente in salute.

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