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Intervista a Piero Armenti: Sono stato un pioniere dei social

intervista Jan 17, 2022

 

 

  1. Caro Piero, sono esattamente 10 anni che ti sei trasferito a NY e oggi la tua è una storia di successo. Un successo che hai ottenuto giorno dopo giorno con impegni e sacrifici, ma con dedizione, coraggio e determinazione. Quanto ci è voluto per mordere un pezzo di Mela e quali sono stati i momenti più difficili?

Probabilmente il momento più difficile è stato quando da lavoratore dipendente mi sono trasformato in imprenditore, che non era per nulla scontato visto che non vengo da una famiglia con formazione “imprenditoriale”. I miei genitori erano impiegati pubblici, mio nonno maestro delle scuole elementari. Quindi la mia formazione familiare era ben lontana da questa propensione al rischio, perché il ragionamento era ma chi me lo fa fare? Quindi perdevo un salario che mi arrivava tranquillamente ogni due settimane, per entrare in un terreno sconosciuto in cui potevi anche non avere i soldi per pagare l’affitto. Sono stati quindi mesi di ansia, ma anche di grande brivido, seguiti poi da un successo che ha ribaltato la mia prospettiva di vita, proiettandomi in pochi anni tra quel 10% di americani benestanti che era stata un po’ sempre la mia ambizione da emigrante, perché chi emigra ha obbiettivi molto pragmatici: dimostrare a se stessi che ce la possiamo fare.

 

  1. L'uso che fai dei social, attraverso i tuoi video, sono tra la narrazione da reportage, il documentario e la scoperta di culture nuove. Pensi che il dinamismo dei social abbia ancora margini di sfruttamento e che venga usato troppo spesso senza particolari ambizioni professionali?

Io sono stato un pioniere della narrazione social, e nello specifico su Facebook anche se oramai la mia narrazione è spalmata anche su Instagram, Tik Tok e Youtube. E come in tutte le cose chi inizia prima ha il vantaggio di poter occupare degli spazi nella memoria delle persone in maniera duratura, lo stesso vale per esempio per Chiara Ferragni. Ci sono oggi migliaia di fashion blogger italiane con numeri interessanti, ma lei ha occupato uno spazio nell’immaginario italiano che non verrà scalfito. Il vero problema della visibilità social è come convertirla in lavoro o addirittura in un’impresa, perché molti non ci riescono. Il mio consiglio è di utilizzarla per fare impresa, se non ci riuscite da soli mettetevi in società con qualcuno che abbia esperienza imprenditoriale, e fatelo il prima possibile.

  1. Tra i tuoi video non mancano quelli a tema cinematografico. Uno in particolare è girato nel Bronx sulla scalinata di Joker. In quali altri location da cinema e serie Tv ti sei imbattuto in questi anni?

Le scalinate di Joker mi hanno sorpreso, hanno una cupezza di periferia che è densa di significato, ma in assoluto credo che la location che mi ha emozionato di più sia quella del film Manhattan di Woody Allen, cioè Suttons Park, da cui si vede il Queensboro Bridge. Non so se ti ricordi la scena, ma Woody Allen è su una panchina  con la compagna e guarda il ponte, e dice che New York è la città più bella del mondo. Tra l’altro il film è del 1979 quindi Woody Allen si riferiva ad una New York piegata dalla delinquenza e in bancarotta, eppure dentro quel disastro si poteva cogliere già l’enorme bellezza di questa città, fatta di grattacieli, vertigini, acque, ponti.

 

  1. Sei un influencer con diversi milioni di follower, un imprenditore, uno scrittore e un uomo del Sud oggi 40enne che si è impegnato molto, ci ha creduto e ce l'ha fatta. Cosa consiglieresti ai tanti che, in Italia e al Sud in particolare, non riescono ad avere sbocchi professionali e a realizzare i propri sogni?

 

Nel Sud Italia spesso abbiamo una mentalità, che era anche la mia, dell’accontentarsi, per cui troppo spesso mettiamo da parte i nostri sogni per venire a patti con la realtà. Ma la vita è una, e non bisogna sprecarla facendo una vita non nostra. Quindi il mio consiglio è di fregarsene di quello che dicono tutti, compresi i genitori, e rischiare il tutto e per tutto. So che siamo circondati da negatività, ci portiamo dentro un pensiero storico della sconfitta che si tramanda da generazioni. La ricchezza, il benessere e il successo sembrano sempre degli altri, a noi tocca invece una “sfortuna” generazionale. Invece no, il ragionamento che dobbiamo fare è: se ce l’ha fatta lui, ce la posso fare anche io.

  1. Tornando al cinema: sei una persona che viaggia molto, Los Angeles ti attrae, ci sei stato e cosa pensi di Hollywood?

Los Angeles è una città di grande fascino, anche se in genere non piace agli italiani perché troppo dispersiva, Hollywood è stata l’industria più importante del Novecento, il cinema è stato un embrionale metaverso in cui realtà e finzione hanno finito per confondersi. Abbiamo amato personaggi irreali come la Audrey Hepburn che faceva colazione da Tiffany, tanto quanto Al Pacino di Taxi Driver. Tutto iniziò dal primo mito del Cinema, che era un italiano in America, il grande Rodolfo Valentino. Da questo punto di vista Los Angeles continua ad essere la città dei sogni.

  1. Hai una tua idea sulla crisi del cinema (theatrical) rispetto invece al proliferare delle piattaforme? Che realtà si vive in America dove le piattaforme sono ormai entrate nelle abitudini delle persone da decenni? Arginata la pandemia, ci sarà un nuovo rilancio della sala cinematografica?

La crisi delle sale cinematografiche è irreversibile, ed è inutile osservare il tutto con l’occhio nostalgico di chi mitizza il passato. L’epoca d’oro del cinema è finita da un pezzo, le piattaforme ti  permettono di fruire dei contenuti in maniera immediata, comodamente a casa propria. Quello che invece succederà sarà il prolifelare di piccole stanze adibite a cinema nelle case di ognuno di noi. A New York già sta avvenendo.

Quali progetti e obiettivi hai per l'imminente futuro?

Ho tanti progetti, che verranno annunciati di volta in volta, perché la mia ambizione è creare nuove realtà imprenditoriali che abbiano la possibilità di scalare.

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