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Il sogno americano esiste ancora? Proviamo a chiarire l'equivoco

politica Apr 24, 2021

Piero Armenti, [email protected] 

Ogni volta la domanda è sempre la stessa. Il sogno americano esiste ancora? E questa domanda sottintende una sfiducia di fondo. “Ma dai, che vai a fare in America, oramai il sogno americano non esiste più”. Lasciamo perdere il mio caso personale, perché è un metodo sbagliato basarsi su una singola storia di vita.

Quel che io vedo, le testimonianze che ho raccolto in questi dieci anni, mi spingono a dare una risposta affermativa a questa domanda. Camerieri che hanno aperto pizzerie, salumieri che hanno aperto negozi online, architetti che lavorano ad alti livelli, medici, designer italiani. Tutti confermeranno una cosa: il loro tenore di vita è alto, molto più alto di quello che avrebbero in Italia. E non solo loro, anche nei settori più umili: dalla babysitter, al cameriere, alla donna delle pulizie, all’operaio. Guadagnano bene, possono acquistare una casa spaziosa (non a Manhattan, ma neanche ci vogliono vivere in realtà), avere un’auto, e farsi le proprie vacanze in Europa.  Sì, l’America è ancora adesso una terra in cui l’impegno, la creatività, la perseveranza vengono premiate dal punto di vista economico.

C’è poi quell’elemento che fa parte della dimensione del sogno, e che è molto importante: è una terra d’occasioni, in cui mentre sei in una tavolata al ristorante puoi trovare il socio per realizzare il tuo prossimo sogno: da aprire il ristorante all’agenzia di marketing.  

Questo significa che l’America non ha problemi? Assolutamente li ha, ne ha tanti e sono anche problemi di una certa importanza. Ve ne cito tre: armi, l’obesità, psicofarmaci. Ma non fate confusione: non è un paradiso terrestre, e non tutti diventano milionari, ma il sogno americano esiste ed è possibile spiegarlo così:  una società aperta, un’economia dinamica, dove non mancherà lavoro e ti giochi le tue carte per vedere fino a che punto arrivi. Una società in cui nessuno ti obbliga ad essere altro da te. Non è un paese in cui ti costringeranno a parlare l’inglese, anzi tanti non parlano e vivono bene, magari dentro la loro comunità etnica. A New York festeggiamo il Natale, il Ramadan e Hanukkah. Poi il resto è responsabilità individuale: puoi sprecare tutto, vivere una vita dissennata a trovarti in mezzo ad una strada, o fare le scelte oculate. Insomma lo decidete voi.

Il sogno americano lo percepisce soprattutto uno straniero, che viene in questa terra con gli occhi dell’uomo nuovo, e pian piano inizia a convincersi delle proprie potenzialità, acquista fiducia. Perché se perdi la fiducia il sogno americano si disfa come neve al sole. A volte penso sia meglio arrivarci da straniero che esserci nati. 

Chi arriva da lontano è più motivato. Il sogno americano esiste ed è facile dimostrarlo. Quanti cercano di venire a vivere qui? Quanta gente partecipa alla lotteria per la Green Card? Quanto sono lunghe le file all’ambasciata per ottenere un visto di lavoro? O la gente in tutto il mondo è pazza, o ci deve essere una ragione di fondo. E la ragione è la seguente: nonostante tutto, l’America vale ancora la pena, perché c’è lavoro, ci sono opportunità imprenditoriali, e si respira un’aria di libertà unica.

 

 

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