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Com'è nata la pagina Il mio viaggio a New York. Ve lo racconto!

social media Mar 12, 2021
 

Piero Armenti, [email protected]

Facebook è uno strumento di comunicazione di massa, come Tv, radio e giornali. Prima lo capite e meglio è per voi, soprattutto se siete in quella fase della vita in cui volete realizzarvi e non avete genitori ricchi che vi aiutano.  Tramite Facebook il vostro messaggio può arrivare a milioni di persone, proprio come se foste proprietari di una TV.

Un mio video, quando diventa virale, arriva anche a 4 o 5 milioni visualizzazioni, che sono le stesse che fa Alberto Angela in prima serata con una sua trasmissione di successo. In un caso specifico sono arrivato a quasi venti milioni di view (su un ristorante di Harlem).  Cosa significa? Che la mia pagina Facebook può essere assimilabile ad un programma TV, e in estrema sintesi posso dire che ho creato un mio canale televisivo personale (l'ho spiegato nel mio corso su Facebook).

Solo che per fare i miei video non ho bisogno di una troupe televisiva. Basta il mio smartphone. I costi di produzioni sono pari a zero, anzi sono pari al caffè che mi faccio al mattino per ricaricare l’energie. Lo smartphone ce l’ho già, ed ho già anche la connessione ad Internet. Ce l’abbiamo tutti. Per montare i video uso un programmino che mi è costato due dollari. Lo capite il miracolo: a costo zero raggiungo milioni di persone, che osservano i miei video nei momenti più strani del giorno. Anche quando sono seduti sul water. La mia è stata una crescita organica costante, a volte con qualche accelerazione, ma in genere costante. Ma partiamo dall’inizio. Come ho iniziato? Ero una persona annoiata a New York, in un momento particolare della mia vita in cui mi sentivo frustrato. Avevo trent’anni, un lavoro poco soddisfacente, e la voglia di cambiare vita. Tutti mi chiedevano come fosse vivere a New York, e così decisi di aprire una pagina per raccontare la città. Anche il titolo “Il mio viaggio a New York” era messo lì per caso, senza pensarci. All’inizio non avevo neanche il logo. Ho iniziato nel 2014 a raccontare New York, città in cui vivevo e che amavo, senza sapere che sarebbe stato un successo. Le prime cose che ho postato erano semplici. Il 12 luglio 2014 una foto del Chrysler Building, con una descrizione poetica. Poi il giorno dopo una foto dell’Empire State Building, e anche qui una descrizione poetica. Foto che si trovavano online, molto suggestive. Niente di eccezionale, niente che mi avrebbe fatto presagire un successo futuro. Però quelle foto scatenavano la fantasia, comunicavano emozioni. Giorno dopo giorno aumentavano i followers.

Subito poi ho iniziato a parlare di cibo, il 26 luglio 2014 ho parlato dell’hot dog di Nathan’s a Coney Island, e mi sono reso conto che la gente amava sentirsi raccontare il cibo. All’inizio non mostravo la mia faccia, poi alla fine il 16 settembre 2014 mi sono presentato, e ho fatto sapere al mio pubblico chi fossi: un giornalista e una guida turistica di New York. Non feci un video, ma usai una foto. Iniziai così a mostrare il mio volto, per creare un rapporto di amicizia con i miei followers.

Il 22 dicembre 2014, dopo cinque mesi dall’inizio della pagina, ho lanciato il mio tour delle luci di Natale di Dyker Heights, che è quello che ancora adesso vendo di più.

Appena lo lanciai, ebbe un successo grandioso. Non ci potevo credere: pullman pieni di turisti.  Iniziava la mia avventura imprenditoriale, che poi si consolidò con il tour dei rooftop, e con l’apertura della sede fisica a Times Square. Il classico sogno americano.

Adesso abbiamo decine di tour, e tante guide che collaborano con noi. Ma all’inizio facevo tutto da solo. Ma torniamo alla pagina Facebook. Perché posto sempre video di cibo? Certo il cibo mi piace, ma piace soprattutto a voi. La gente ama le avventure culinarie, mentre se mostro i musei i miei post raggiungono un pubblico numericamente inferiori. Non decido io: è l’algoritmo di Facebook che interpreta i desideri della gente e mostra loro quello che vogliono vedere.

Quando pubblico i miei video tengo sempre conto dei vostri veri desideri: e voi amate mangiare come lo amo io.  Chi ha una pagina facebook sa benissimo cosa piace ai suoi followers: perché ha una quantità di dati incredibile. Facebook da questo punto di vista è insuperabile: io so per quanto tempo guardate un video, in che momento vi annoiate. So quanti anni avete, di dove siete, cosa vi interessa, conosco le altre pagine che amate. Io vi conosco benissimo, certo non individualmente ma come massa critica, che è quello che conta quando parli di mass media. Ma il fatto che voi amiate il cibo, non vuol dire che avrei smesso di parlare di musei, perché bisogna comunque variare per conquistare un pubblico sempre maggiore. Ci pensa Facebook a suggerire il video sui musei a chi ama i musei. Il lavoro sporco, quello di diffusione, lo fa un algoritmo. Io carico solo un video e aspetto di capire cosa accade, e di solito vengo sorpreso.

In realtà, e questo lo sanno poche persone, all’inizio io pubblicavo solo foto su Facebook, senza nessun video. Perché pensavo di non essere adatto al video: la mia voce, la mia r moscia, un po’ di timidezza. Poi ho decisi di calvacare l’onda, perché Facebook iniziò a premiare i video dando loro maggiore diffusione, per competere con Youtube. Il successo vero l’ho ottenuto grazie ai video, che mi hanno reso un volto noto per gli italiani. Chiunque frequenti Facebook prima o poi un video mio lo vede, magari per sbaglio, ma lo vede.

Per fare in modo che le persone vi memorizzino in questa massa confusa di volti e immagini, c’è bisogno di due cose. Primo un motto distintivo, e io l’ho trovato con “Amici del mio Viaggio a New York”. La voce è importante, rimane nella testa delle persone, scava in profondità, vi rende familiari. La voce, un ululato, un nitrito, sono suoni primordiali che uniscono la specie.  Il secondo è un dettaglio visivo che rimanga impresso, e io ho usato occhiali eccentrici.

Come sapevo queste cose? Le intuivo, le leggevo. Insomma, grazie ad un misto di improvvisazione, studio, e talento ero riuscito a conquistare Facebook parlando di New York. I video sono realistici, creano immedesimazione, la gente ha la sensazione di esser lì con me, di diventare mio amico.

Nessuno quando m’incontra per strada mi vede come un divo, un vip, ma come l’amico del pianerottolo che incroci al supermercato. Ué Piero come stai? Mi dicono.  Si crea una sorta di familiarità con il volto e con la voce, e la voce è decisiva perché a volte ascolti la voce e riconosci subito la persona. Quando riconoscono la tua voce, è il massimo della familiarità che tu possa raggiungere. L'obiettivo finale è fare in modo che la gente si fidi di me, perché sono un loro amico, un buddy, una persona trasparente.

Il primo video che ho fatto è stato un video di Times Square il primo gennaio 2015. Il 3 gennaio invece per la prima volta feci ascoltare la mia voce, voce che io detestavo, con un video dalla mia finestra. Niente di elaborato. Il 9 febbraio 2015 finalmente si vide il mio volto in un video, ed il mio pubblico mi conosce pienamente (tutte queste cose le trovate nel mio corso). Quindi passo dopo passo sono andato avanti, partendo dai feedback della community. Qualcuno mi diceva: perché non fai qualche video su questo argomento. Io ci pensavo, e poi lo facevo.

Occhio e croce mi avete spinto voi ad essere ciò che sono. Perché poi mi sono gettato nel turismo? Per due ragioni. La prima è che avevo esperienza, avevo già lanciato per gli americani il tour dei rooftop, la seconda invece è semplice: perché  la gente mi chiedeva continuamente informazioni turistiche. Come è il tempo? Quanto spendo a New York? Quando mi conviene venire? Da quelle domande capivo che c’era la potenzialità di convertire la mia community in un business turistico. La prima regola per chi fa impresa: saper ascoltare i bisogni della gente.

Dal momento in cui ho aperto la pagina nel luglio 2014, al momento in cui ho venduto il primo tour sono passati cinque mesi. È tanto, è poco? Non importa. L’importante è che in un lasso di tempo ragionevole ho trasformato una community in un’idea imprenditoriale. 

Parlo spesso con ragazzi che mi dicono vorremmo fare quello che hai fatto tu. Va benissimo, allora parti da questo articolo, e poi trova una tua strada. I social media sono gli stessi, tutti abbiamo accesso, è un mondo democratico, non sprechiamo un'opportunità di vita.

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